sabato 28 marzo 2009

Come fare il nodo alla cravatta

Ieri sono andato alla laurea di una persona speciale, che è andata davvero alla grande (complimenti!). Oltre all'ansia generata dall'attesa ed al batticuore per la discussione della sua tesi, prima di recarmi in facoltà ho dovuto affrontare un altro ostacolo... fare il nodo alla cravatta! Ho indossato questo elegante strumento di tortura davvero poche volte in vita mia e finora avevo sempre chiesto il supporto di qualcuno più esperto di me (e ci vuole pochissimo) per espletare le pratiche di assemblaggio dello strano oggetto. Sono anche arrivato a "riciclare" più di una volta lo stesso nodo, avendo l'accortezza di non disfarlo totalmente e di sfilare con attenzione la cravatta al momento di "tornare in borghese", per poi utilizzarla la volta successiva già pronta all'uso. Questa volta, però, ho dimenticato "questo piccolo particolare" e mi sono trovato con una bella cravatta inutilizzabile in valigia. Ma nel momento in cui me ne sono reso conto, sono riuscito a non disperarmi perchè sapevo di avere un'ultima spiaggia. Perchè sapevo che sicuramente su YouTube avrei trovato un video capace di insegnarmi alla svelta come salvare la situazione. E così è stato. Dopo decine e decine di tentativi a dir poco fallimentari, sono riuscito a compiere l'impresa con un discreto risultato, ma proprio "last minute", giusto cinque minuti prima di dover uscire da casa per non fare tardi, e solo grazie al seguente video messo on line sul canale Reloaded192. Ho pensato di condividerlo e farlo circolare per quanto possibile anche grazie a questo post, perchè è talmente chiaro ed immediato da poter essere d'aiuto a chiunque non appartenga al "popolo di quelli con la cravatta", ma abbia la necessità di entrare a farne parte per qualche occasione speciale e non sa proprio da dove partire.



PS: quasi al termine del pranzo, la cravatta ha fatto una brutta fine, macchiandosi (irreparabilmente?) di crema e cioccolato caldo...

domenica 22 marzo 2009

I watched the “Watchmen” (movie)

Un paio di giorni fa sono andato al cinema insieme ad Anna e Veronique per vedere il film di “Watchmen”.

Ma credo sia il caso di fare subito un passo indietro, premettendo che la lettura del fumetto originale è stato per me un momento molto importante, che in qualche maniera ha caratterizzato tutta la mia vita. Ero uno studente ai primi anni del liceo quando ho ammirato per la prima volta il capolavoro di Alan Moore e Dave Gibbons. L’avevo scoperto per caso sulle pagine degli allegati a “Corto Maltese”, attendendo con ansia che passassero trenta giorni per leggere il capitolo successivo e percependo immediatamente l’opera come qualcosa di diverso, innovativo, unico. Anche se l’impatto iniziale era ancora epidermico ed a un primo livello di lettura. Poi nel corso degli anni, specialmente da quando il capolavoro è stato raccolto in volume, ho riletto il blocco completo di storie quasi una volta all’anno, studiandolo attentamente e scoprendone ogni volta delle sfumature nuove.

Fumetti: Watchmen

L’opera viene spesso considerata come il fumetto di super-eroi “revisionista” per antonomasia, quello che ha traghettato il mondo degli eroi “puri”, senza paura e senza macchia, verso un’era più buia e realistica, ma è anche qualcosa di più. Di certo non sono il primo a farlo, né sarò l’ultimo, ma a distanza di tutto questo tempo ed alla luce di tante letture approfondite, mi sento di ribadire che probabilmente “Watchmen” è il fumetto più importante di tutti i tempi, è l’esempio massimo di arte sequenziale, è l’opera in cui vengono sfruttate al massimo tutte le potenzialità e peculiarità del media fumetto. La storia è splendida, i dialoghi eccezionali, i disegni sono impeccabili e sempre capaci di raccontare alla perfezione per immagini. Ma è anche la struttura della narrazione ad essere incredibile. La grandezza del lavoro non sta “solo” nella storia che viene raccontata, ma anche nel “come” ciò viene fatto. “Watchmen” è un perfetto meccanismo ad orologeria, in cui tutti gli ingranaggi si incastrano senza possibilità di errore, grazie ad una sceneggiatura incredibilmente bella ed alle scelte variegate nella strutturazione delle pagine, che si forma e deforma in maniera funzionale al ritmo del racconto. La scansione in vignette, infatti, vive e si modula in base alle necessità del momento, con piani narrativi paralleli che si intersecano e si completano a vicenda. Così testi e disegni riescono a compenetrarsi, diventando un tutt’uno e dando vita ad un mondo a parte, una realtà coerente e perfettamente bilanciata. Il risultato è un lavoro immenso e curato nei minimi particolari, che dimostra, codifica e insegna cosa è possibile fare attraverso un linguaggio così complesso, affascinante e completo come il fumetto.

Tutto ciò premesso, probabilmente mi sono avvicinato all’adattamento cinematografico dell’opera con grandi aspettative, ma anche con una sostanziale tranquillità e serenità di fondo. Già sapevo che sarebbe stato impossibile per chiunque riproporre sul grande schermo la ricchezza e le peculiarità di un lavoro così complesso e così ancorato al mezzo di comunicazione per il quale è stato creato. Ma la presenza di Zack Snider alla regia, dopo l’ottima prova offerta sull’adattamento della graphic novel “300” di Frank Miller, mi ha fatto immediatamente pensare che l’impresa di portare “Watchmen” sul grande schermo non sarebbe riuscita a nessuno meglio che a lui. Ed all’uscita dalla sala cinematografica a visione avvenuta, sono state confermate quelle che prima potevano essere solo sensazioni. Il film, infatti, si è rivelato un prodotto discreto, in cui il paragone con l’opera originale a fumetti da cui è tratto è improponibile, ma probabilmente nessuno sarebbe riuscito ad adattarla meglio per il cinema.

Film: Watchmen

La storia ripropone fedelmente la trama principale del fumetto, scavando nella vita di alcuni ex super-vigilanti e di come la loro esistenza condizioni il percorso dell’umanità intera. Il racconto è ambientato all’inizio degli anni ’80 e si apre con il brutale assassinio del peggiore fra gli “eroi”, il sadico e violento Comico, per poi seguire le indagini dei suoi vecchi “compagni d’avventura”, alla riscoperta dei segreti nascosti nel loro passato ed alla scoperta della cospirazione che sta dietro alla sua morte, che si rivelerà essere solo il primo tassello di un mosaico molto più vasto e che sembra preludere agghiaccianti scenari futuri. L’assoluto rispetto della storia originale e dei suoi indimenticabili dialoghi è uno degli aspetti positivi del film, ma non è il solo. La pellicola parte decisamente bene e, dopo il violento scontro corpo a corpo nella dinamica scena d’apertura, trovano spazio gli ottimi titoli di testa, un esperimento visivo tecnicamente interessante in cui, attraverso una serie di “istantanee animate”, viene introdotta la storia della prima generazione di “controllori”: un coacervo di tizi scanzonati e dai costumi sgargianti, che affrontano il crimine con una certa spensieratezza e semplicità, diventando quasi delle stelle dello spettacolo rincorse dai paparazzi più che dei paladini della giustizia. La colonna sonora è ideale per riportarci nel periodo in cui è ambientata la storia e di volta in volta vengono scelti dei brani indimenticabili, capaci di “raccontare in musica” ciò che succede sullo schermo o “spezzare” con sottile ironia rispetto alla scene mostrate. Gli effetti speciali sono perfetti, riuscendo a rendere visivamente credibili ed affascinanti le scene ambientate su Marte, i poteri del Dottor Manhattan o le evoluzioni aeree di Archimede, il mezzo di trasporto volante del Gufo. Ma servono anche a rendere più truculente e incisive le punizioni inflitte dai vigilanti ai loro nemici, mostrate in tutta la loro “brutalità splatter”, senza diventare “protagonisti” della scena, ma anzi asservendosi in maniera funzionale allo sviluppo della trama. Il montaggio è cinetico e le inquadrature riprendono pedissequamente quelle del fumetto, con un ottimo lavoro di adattamento al diverso strumento mediatico. Anche l’effetto rallenty, vera e propria “cifra stilistica” del regista, viene usato con sapienza e senza stucchevoli esagerazioni.

Film: Rorschach da Watchmen

Gli attori non sono (ancora) stelle di primo piano della “fabbrica dei sogni”, ma tutti svolgono il loro compito in maniera egregia e, al di là delle studiate somiglianze fisiche, interpretano i rispettivi personaggi con estrema fedeltà ai caratteri del modello originale di riferimento. Specialmente il Rorschach, “voce narrante” della vicenda, che forse non può considerarsi il vero protagonista della storia, vista la sua naturale coralità, ma che di certo è il mio preferito. La realizzazione delle “macchie mobili” sul suo volto è ottima, così come è impeccabile la sua caratterizzazione. Forse solo la voce non è perfetta. Sia nella versione originale del film, sia nella sua edizione italiana, infatti, è stata scelta una voce roca e “cavernosa”, ma non fino al punto giusto. Ma probabilmente in questo mio giudizio sono condizionato dall’aver ascoltato la lettura del primo monologo di Rorschach realizzata proprio da Alan Moore in prima persona, che ti propongo qui di seguito: la voce del più “follemente lucido” fra i Watchmen me l’ero sempre immaginata così… un suono gutturale e profondo, quasi privo di emozioni oltre alla rabbia ed al disgusto, che fa scorrere immediatamente sulla mia pelle un brivido di angoscia mista a sconforto…



Sottolineando nuovamente che sarebbe stato difficile realizzare un migliore adattamento di “Watchmen” per il cinema, però, devo anche segnalare che a mio modo di vedere il film cade nella rappresentazione di uno degli aspetti fondamentali dell’opera originale, quello dell’atmosfera. Il film, infatti, risulta essere troppo “pulito”. Intendiamoci, la storia raccontata è di per sé “pesante”, piena di violenza, brutalità ed elementi catastrofici. Ma il fumetto è decisamente più “sporco” e leggendolo lo si percepisce anche a livello fisico. E’ come se tutte le pagine di “Watchmen”… ogni sequenza, ciascuna singola vignetta… siano ripassate da una patina di grasso, che rende le dita appiccicaticce, che annebbia lo sguardo, che disturba l’olfatto. La graphic novel di Moore e Gibbons trasuda ansia, disperazione e paura, emette un’aurea di angoscia e paranoia costanti, legata al periodo storico in cui la storia è stata concepita ed ambientata. Un momento in cui la guerra nucleare e l’inverno radioattivo erano LA paura per antonomasia. Anni in cui si viveva nella consapevolezza che la nostra civiltà si sarebbe potuta estinguere da un momento all’altro, con la pressione di un dito su un singolo bottone pronto a lanciare centinaia di testate nucleari oltre la cortina di ferro, senza possibilità di riscatto e redenzione per il genere umano e la sua ansia di autodistruzione. La costante paura della fine, insomma, non è solo il contesto in cui si svolgono le azioni dei protagonisti, ma è la loro causa scatenante e il fertile terreno in cui crescono le ansie di intere generazioni. Un elemento fondamentale, su cui l’opera getta le sue stesse basi e che finisce per “corroderne” le fondamenta, sino a diventare elemento pulsante nelle sue stesse vene ed a crearne l’atmosfera finale. Questo fattore, purtroppo, non traspare affatto dalla pellicola, in cui più che essere trattato come elemento “di fondo”, diventa quasi un impercettibile “sottofondo”, non riuscendo a coglierne e mostrarne l’importanza. Sebbene il gusto “retrò” e la cura dei dettagli nella scelta di ambientazioni e abbigliamento ci trasportino visivamente nel periodo più caldo della “guerra fredda”, purtroppo ci riescono solo a un livello immediato e non bastano affatto per catturarne l’essenza, compito che sarebbe spettato ad altri aspetti della pellicola. Forse scelte diverse di fotografia avrebbero potuto aiutare a “sporcare” il tutto, ma la stessa struttura del movie avrebbe dovuto essere modificata per lasciare più spazio a questo elemento.

Se il fumetto di “Watchmen” è un capolavoro assoluto, dunque, il film si ritrova purtroppo privo di un pezzo fondamentale della sua “anima”, ma si dimostra comunque una pellicola discreta e affascinante, probabilmente da riconsiderare anche quando sarà disponibile la sua “extended cut”, il montaggio originale e integrale del film, che dovrebbe durare circa quattro ore, contro le due ore e trenta della versione distribuita in sala. Magari questa versione “extra long” ci riserverà qualche altra bella sorpresa…

 

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